“Un Paese che distrugge la sua scuola non lo fa mai solo per soldi, perché le risorse mancano, o i costi sono eccessivi. Un Paese che demolisce l’istruzione è già governato da quelli che dalla diffusione del sapere hanno solo da perdere.” Italo Calvino

Patrizia Gentilini - 'L’inquinamento riduce il quoziente intellettivo’. Anche a Taranto

Tratto da Il Fatto Quotidiano :

Medico oncologo ed ematologo, membro di Isde e Medicina Democratica
Esattamente 10 anni fa compariva su Lancet un importante articolo che evidenziava come sostanze chimiche di origine industriale danneggiassero gravemente il cervello in via di svuluppo e contribuissero a quella che è stata definita la “pandemia silenziosa”, ovvero il dilagare nell’infanzia, a livello globale, di disturbi del neurosviluppo che vanno dall’autismo al deficit di attenzione ed iperattività ed al ritardo mentale.
L’allarme veniva raccolto dall’Harvard School of Public Health, stimando che addirittura un bambino su sei al mondo presentasse problemi più o meno gravi del neurosviluppo. Nell’articolo di Lancet veniva fatto un primo elenco di 202 sostanze già da tempo note per essere tossiche per il cervello umano fra cui 25 metalli, in primis piombo e mercurio, ed oltre 80 pesticidi, ma poi anche solventi e sostanze quali diossine e Pcb.
La letteratura scientifica che ne è seguita è ormai corposa ed è diventato consueto quantificare addirittura i costi economici dei danni alla salute che ne conseguono, specie per l’infanzia: nel  2011 un articolo stimava che, per l’esposizione a piombo e mercurio, i costi per danni alla salute dei bambini in Usa fossero pari a 76,6 miliardi di dollari.
Nel 2013 un’ampia indagine condotta per valutare i livelli di mercurio sui capelli di donne in età fertile in Europa ha stimato che ogni anno – specialmente nel Sud Europa – nascano 1.800.000 bambini esposti in utero a livelli di mercurio superiori a quelli considerati “accettabili” e che solo per questo si perdano ogni anno 600.000 punti di quoziente intellettivo. Nel 2015 è poi stato pubblicato da un ampio panel di esperti un lavoro che ha stimato i costi economici per esposizione ad interferenti endocrini in Europa: per quanto riguarda il neurosviluppo – con ampio consenso del panel – è stato stimato che ogni anno si perdano 13.000.000 di punti di quoziente intellettivo per la sola esposizione in utero a pesticidi organofosati e che vi siano annualmente 59.300 casi aggiuntivi di disabilità intellettuale. Con minor probabilità si è valutato che potessero insorgere 316 casi di autismo e da 400 a 31.200 nuovi casi di deficit di attenzione ed iperattività.
Anche per quanto riguarda la qualità dell’aria sta emergendo come essa sia ormai un cocktail tossico non solo per sistema cardiocircolatorio ed apparato respiratorio, ma per lo stesso cervello umano: una recente revisione ha valutato che per esposizione a solo pm2.5 l’incremento del rischio di autismo varia dal 15% al 177%. In questo contesto, quindi, ben magra consolazione desta l’ultimo studio di biomonitoraggio dell’Iss su bambini e donne di Taranto. Secondo quanto riportato dalla stampa da questa indagine emergerebbe che i livelli di inquinamento non differirebbero sostanzialmente fra la città pugliese e Roma: di fatto i bambini presupposti “sani” che vivono nelle aree maggiormente esposte (Tamburi, Paolo VI, Statte) hanno alterazioni più evidenti del quoziente intellettivo, aumento di iperattività, ansia e depressione e disturbi del neuro-sviluppo rispetto a chi vive in aree localizzate a maggior distanza dall’Ilva, indipendentemente da fattori socio-economici e culturali. E se Taranto è ormai diventata, al di là di ogni dubbio, un gigantesco laboratorio in cui le cavie sono purtroppo gli abitanti e soprattutto i bambini, non dimentichiamo che ormai siamo noi tutti vittime di un gigantesco esperimento, come un articolo di Nature di alcuni anni fa lucidamente esponeva con queste precise parole: “Il nostro ecosistema è ormai un gigantesco esperimento chimico-biologico, in cui siamo contemporaneamente sperimentatori e cavie, speriamo che l’esperimento vada a buon fine, ma nessuno è in grado di prevederlo”.
Se non siamo in grado di renderci conto di tutto questo e di agire secondo un principio di responsabilità, il futuro è davvero oscuro e per me è semplicemente sconvolgente pensare che mentre stiamo creando con i nostri dissennati comportamenti enormi problemi alle generazioni future, contemporaneamente stiamo togliendo loro l’intelligenza per risolverli.

Fiorano - Scuola e Hospice Domande e Risposte



L’ultima fatica dell’anno  di AIF si svolge alla Casa Corsini , di Fiorano , dibattendo di urbanistica  con alcuni professionisti che  cercano in questa professione di legare il nostro  innato senso artistico tipico dell’italianità con le necessità industriali che invece dal dopoguerra ad oggi hanno sempre avuto la meglio .
L’ampiezza del tema da trattare , in una progettazione multifattoriale che vede nella rotazione delle cubature , nelle necessità scolastiche , nell’ampliamento industriale , nella trasformazione di terreni verdi agricoli in superfici industriali , residenziali e di servizi , Hospice , pareva essere incanalato verso la dirittura d’arrivo  dopo tre conferenze dei servizi senza intoppi.
La presenza ieri sera di professionisti del politecnico di Milano come l’architetto Zanfi , del noto Urbanista Carapellese , del’architetto Amarossi e del presidente di Italia Nostra dott Losavio  ha dato invece una chiave di lettura dell’intera operazione che lascia invece aperti e rimette in discussione tutta l’impalcatura della progettazione.
La serata ha voluto prima inquadrare le scelte urbanistiche attuali volendole discostare dalle scelte degli anni passati mettendo in luce il bisogno soprattutto di riqualificare le aree industriali (Zanfi ) con progetti che possono tendere all’intelligente trasporto di attività da aree ormai in crisi con aree invece che hanno nel momento della crisi investito in tecnologia e impianti.
A questa visione locale ha fatto da contraltare la visione allargata della bolla speculativa ( Carapellese ) che negli ultimi 15 anni in tutta Europa ha visto nelle colate di cemento un mezzo di investimento , fino al 2008 con la crisi finanziaria che ha lasciato   le macerie sui terreni fertili.
Ha introdotto invece alla  reale tematica , e non allargata ,della serata ,l’architetto Amarossi , che ha avuto il difficile compito di dover spiegare l’intera progettazione con i trasferimenti e le progettualità in meno di mezz’ora .
Ma è stato invece con il dott Losavio che abbiamo appreso che la Soprintendenza archeologica ha finalmente dopo un lungo silenzio durato varie  CDS , parzialmente bocciato le scelte progettuali in quanto ,come ha riferito il dott Losavio  , entrano in contrasto con due punti cardine , il PTCP Provinciale e la legge Galasso che tutela i corsi d’acqua e limita a 150 metri l’edificabilità dalle sponde .
Questo parere che pare abbia fatto spostare la CDS che si doveva tenere il 13 Dicembre ,  mette sotto una luce diversa tutta la scelta che l’amministrazione di Fiorano era intenzionata a realizzare, dall’intervento sulla villa Menotti , all’Hospice , alla scuola , al comparto industriale.
Ora la parola passa di nuovo agli amministratori , ma emerge certamente che le preoccupazioni che il comitato aveva palesato  erano fondate , lo dimostra il parere della Soprintendenza che le mette nero su bianco .
Spiace nonostante gli inviti , lo scambio di mail con il Sindaco , la richiesta almeno di un rappresentante della Giunta , non vi sia stata in una sala piena almeno la presenza della Amministrazione per avere un  contradditorio efficace e chiarificatore ,vista la qualità dei relatori .
Sul sito Aif ambientinforma tra alcuni giorni sarà visibile tutta la serata videoregistrata
Il presidente
Dott Monfredini Roberto

2016 , un anno eccezionale per AIF Ambientinforma

Abbiamo  tutti pensato, all'inizio di questa avventura, che lo strumento dell’informazione in materia ambientale , nella Regione o Pianura maggiormente inquinata d’Europa fosse uno strumento valido , importante ed indispensabile. Se l'informazione avviene , spesso esclusivamente per DOVERE , risulta essere sempre inter istituzionale, cioè tra gli addetti ai lavori , con il ruolo marginale dei cittadini , che spesso  diventano delle comparse senza nessuna voce .
Nessuno , dalla sera della costituzione di AIF ,si sarebbe mai immaginato che il nostro ruolo avesse invece la capacità di illuminare in modo così violento gli occhi assonnati dei cittadini , incidendo sul senso critico degli stessi e portando l’informazione ad essere il cardine di una “rivoluzione culturale”.
Eravamo convinti che lo sforzo effettuato nel 2015 con le 8 serate /anno sarebbe stato irripetibile , ma non era così. Nel 2016 infatti siamo riusciti a realizzarne 10  di serate con un livello di partecipazione e ascolto che dire fantastico è riduttivo , ed un costo  minimo , e qui dobbiamo ringraziare prestigiosi relatori che si sono offerti gratuitamente , e spesso  il costo relegato alla sola realizzazione del materiale divulgativo o della sala in affitto ,  ( se facciamo un confronto con i 5000 euro spesi in  due ore a Castelvetro per avere Tozzi che parlasse di COP 21 di Parigi a Giugno 2016, 6 mesi dopo l’evento , con i nostri 1000 euro spesi per 38 relatori,   diventa evidente il divario etico e morale ).
La serata sul benessere animale a Spilamberto , ci ha portato all'interno  dei meandri della cooperazione sociale nel settore e dalla lettura completa dei dati è nato un progetto che da pochi giorni è stato approvato all'unanimità dal consiglio dell’Unione Terre di Castelli e probabilmente sarà lo scheletro del futuro rapporto tra Comuni e cittadini nei prossimi anni , gettando le basi per una ridefinizione del ruolo  delle Amministrazioni Comunali in materia di benessere animale, e di questo noi siamo stati artefici per la nostra parte .
Il mese successivo abbiamo affrontato il tema della PUZZA DI ASFALTO , la lavorazione e produzione di materiale bituminoso, catrame ,  a San  Cesario , in una assemblea che ha lasciato il segno in quanto da quella serata è nato il Comitato  NO IPA , si e rivista l’autorizzazione per la ditta stessa che ha  ritenuto giustamente di essere presente al dibattito in una S Cesario affollata , con discussioni limite , ma che ha permesso , grazie alla qualità dei relatori , tutti professori universitari , di rivedere i parametri autorizzativi in Provincia , imponendo restrizioni, e di fatto migliorando la salute e la qualità della vita dei residenti .
Ancora un mese e siamo passati ai RIFIUTI , due metodi a confronto: quello di Capannori e il nostro modello Emiliano Romagnolo ,teso all'incenerimento con i  suoi 8 inceneritori .
Poi è arrivato il referendum con quorum  sulle trivelle , ed a nulla sono serviti  i tanti messaggi , ha infatti prevalso l’indicazione di non andare a votare ,formulata dall'allora Presidente del Consiglio, rivolto agli Italiani. Il quorum non si è raggiunto ma AIF per tutelare l’Ambiente ci ha provato anche questa volta.
A Maggio abbiamo provato a fare il salto , per la qualità dei presenti , in primis Vito Zincani che dobbiamo ringraziare , ex procuratore capo di Modena , ci siamo trasferiti a Castelfranco Emilia per affrontare con i massimi esponenti della società civile il problema enorme della MAFIA GRIGIA , ovvero la mafia dei colletti bianchi, infiltrata nei Comuni e nelle Amministrazioni. Fino all'ultimo abbiamo temuto di non farcela ma, contro ogni previsione,  si è rivelato un incontro di oltre 4 ore prezioso , acuto , profondo che consiglio a tutti di andarsi a rivedere sul nostro sito,  in quanto illumina il rapporto soft tra delinquenza a amministrazioni, e questo lo dobbiamo proprio alla magnifica scelta dei relatori e del giornalista che ha condotto il pomeriggio . 
A Giugno abbiamo affrontato il problema della CARNE ,  in un mondo che sta prendendo coscienza lentamente dei propri errori alimentari ,  dell’inquinamento legato alla  massiccia produzione intensiva di carne di tutti i tipi, al consumo di suolo e acqua per la industrializzazione alimentare , e alla salute nostra che viene messa a rischio da questo modello. Serata affollatissima a Castelvetro  , che ha lasciato ai molti giovani presenti, certamente qualche conferma dovuta alla bravura della relatrice .
Pochi giorni e a Castelnuovo con funzionari della Regione , delle Banche , della Provincia ,delle Associazioni di categoria, abbiamo informato gli agricoltori e gli imprenditori agricoli delle possibilità di accedere ai finanziamenti in Agricoltura con il PSR .
A ottobre invece abbiamo, con tre insigni  studiosi e medici , illuminato una autorizzazione ambientale della Emiliana Rottami a San Cesario , portato a conoscenza dei cittadini cosa dice questa autorizzazione , la presenza di polvere di vetro in misura massiccia nell'aria e i danni della salute che possono essere cagionati da questa anomalia. Da quella serata è nato il comitato , è scaturita 3  giorni prima un  AUA estremamente riduttiva per la ditta stessa. In pratica, senza allarmare nessuno, abbiamo in questo caso evidenziato semplicemente una lettura delle carte ,ARPA e ASL , che erano già presenti con gli studi effettuati nel 2015 e 2016 , e le relative CFS ,  anche in questo caso si è tutelata la salute solo con l’informazione, e la stessa ha messo in moto il processo capillare di dialogo e discussione che porterà certamente le Amministrazioni ad uscire dal sonno.
Arriviamo a Novembre  e proviamo ad esportare il progetto DEA MINERVA nel territorio di Fiorano ,  la serata alla presenza di ATERSIR diventa tonica , a volte furente , per la presenza di un forte contraddittorio tra  i relatori in materia di rifiuti , viene illuminato quella sera il rifiuto ASSIMILATO , sconosciuto a molti ma molto utilizzato ora dalle Amministrazioni  per ricavare il dato di RD . Serata che certamente ha creato un forte desiderio a rivedere con le parti interessate, tutto l’aspetto filiera RD , e sarà il tema del prossimo anno , la comprensione di quanta RD realmente viene ad essere recuperata e se ECONIMICITA’ e TRASPARENZA dell’accordo ANCI CONAI sono rispettati .
Ultimo  , la serata con illustri esperti a Fiorano sul tema cementificazione , recupero delle aree industriali , scuola , Hospice , e tutela dei beni artistici, il preludio appare incandescente con comunicati stampa dell’Amministrazione di Fiorano al vetriolo contro il comitato locale, con la Sovraintendenza ai beni artistici e ambientali che si esprime a pochi giorni dalla serata con un parere negativo , che rimetterebbe tutto in discussione, non avendo espresso parere nei mesi precedenti. La serata porta un messaggio fino ad ora sconosciuto , quello della Sovraintendenza che boccia clamorosamente tutta la triangolazione di cubature per vincoli paesaggistici , legge Galasso e PTCP Provinciale , la palla viene rimandata al Comitato locale e all'Amministrazione , anche in questo caso il faro di AIF ha illuminato le regole del gioco che erano rimaste in ombra .

Abbiamo fatto 10 serate , con 38 relatori , di cui un Procuratore Generale , un Senatore , due Deputati, il vice Presidente ISDE Italia Nord ,  Primari Ospedalieri , Professori Universitari , il Politecnico di Milano , Libera , Agende Rosse , Medici di fama , Architetti , Urbanisti .. e mi scuso per la non citazione di tutti .
Il prossimo anno abbiamo in cantiere  tematiche  che confidiamo di realizzare , ORSO  , rifiuti e RD , Assimilati , cosa significa l’atto di indirizzo approvato sul benessere animale , la pedemontana a Castelvetro , la qualità dell’aria  a Modena , il Fiume Panaro e cosa sta accadendo alle specie che vi abitano , il referto epidemiologico comunale  REC ,  il vetro di S Cesario e la salute dei cittadini   , l’informazione in materia ambientale a Modena , il sistema dei trasporti e l’impatto ambientale, il caporalato nel settore delle carni.
Un grazie soprattutto a Claudio , Monica , Raffaele , Stefano , Marco , Alessandro , Sabina ,  appare ormai evidente che quello che ci appariva come oggetto indecifrabile ,ora comincia a splendere di luce propria , e finalmente abbiamo una sede tutta nostra .
Un grazie anche a Barbara e Paola che per problemi vari personali , sono costrette ad abbandonare il direttivo , ma tutti sappiamo che senza di loro  AIF non sarebbe nata e le ringraziamo enormemente di tutto contando che possano rientrare al più presto .
Un grazie  infinito a tutti 
Il Presidente Roberto

Fiorano Modenese , Scuola e Hospice Domande e Risposte


Lunedì 12 Dicembre ore 20,45, si terrà una importante conferenza a Casa Corsini a Fiorano, organizzata da AIF Ambientinforma e dal comitato locale, No consumo del Territorio - Valorizziamo l'esistente,  al fine di conoscere e comprendere le motivazioni che hanno portato l’Amministrazione Comunale a scegliere di percorrere la strada tesa a trasformare un terreno verde in terreno edificabile , a capire se le scelte effettuate entrano in conflitto con la tutela dei beni artistici , paesaggistici , con la nuova normativa europea e Nazionale ,oltre che Regionale sul consumo di suolo .
Per affrontare il problema AIF si rivolge ad alcuni dei massimi esperti del settore , al Presidente di Italia Nostra , il dott Losavio , all’Urbanista Carapellese , all’Architetto Zanfi , all’ Architetto Amarossi .
A tale serata è stata invitata l’Amministrazione Comunale , e AIF confida nella sua presenza perché indispensabile per comprendere se tali scelte vanno nella direzione del rispetto del suolo e del miglioramento della qualità della vita dei cittadini.

Appare evidente che la realizzazione di tale cementificazione anche se ha nobili fini , cioè quello di realizzare una struttura scolastica sicura , pone molti interrogativi per la dislocazione , in aperta campagna , per i manufatti collegati , un Hospice , casa per malati terminali , proprio nella sua vicinanza , per l’abbandono in cui versa la casa di Ciro Menotti, per le cubature edilizie collegate e per l’ampliamento della zona industriale con un trasferimento di cubatura .
Certi di fare ancora una volta da cassa di risonanza per Amministrazione e cittadini confidiamo nella affluenza del pubblico per un solo fine , comprendere .
Il Presidente Roberto Monfredini


Fiorano Modenese - Serata sui rifiuti 18.11.2016




La presenza di  ATERSIR , dott. Ori Mario  ,del Sindaco di Savignano  ing Caroli , dell’Ing Girardi ,  garantiva al pubblico una disanima del problema plastica come preventivato , ma la plastica è stata relegata a semplice componente della raccolta differenziata in quanto successivamente tutti gli animi si sono accesi , a volte forse anche superando i limiti , nel descrivere i dati impietosi che ormai ruotano nella nostra Regione attorno al problema rifiuti.
Il progetto Dea Minerva ,come accennato dal Sindaco di Savignano ora si è trasferito anche ad altri prodotti della RD , e questo viene ritenuto in contrasto da ATERSIR ,con impegni sottoscritti dagli stessi Comuni rappresentati in ATERSIR, quindi una  sospetta illegittimità del progetto .
Da Regione virtuosa a Regione agli ultimi posti come  presenza di comuni Ricicloni ( Legambiente 2016 ), un declino legato alla presenza di 8 inceneritori sparsi nella Regione in contrasto con le direttive comunitarie che dovrebbero vedere una riduzione dei rifiuti ,mentre nel nostro caso i rifiuti aumentano .
La presenza degli ASSIMILATI ai RSU, che ormai rendono dati di raccolta differenziata un dato molto discutibile , spesso falsato da questi rifiuti differenziati  industriali , disciplinati da regolamenti comunali , che sommati a quelli urbani portano a leggere quei valori del 75% come valori virtuosi ,quando in effetti e visibile a tutti la presenza di rifiuti indifferenziati strabordanti dai cassonetti stradali .
Per concludere la  presenza in sala di un autorevole imprenditore del settore ,membro di Confindustria che ha letto criticamente la situazione paradossale della nostra Regione ,ha fornito con il dibattito una chiave di lettura della nostra situazione in merito, che non può certamente perdurare, anche perché lo stesso Piano Gestionale dei Rifiuti della RER del 2016 – 2020 impone drastiche riduzioni degli stessi a monte , ed un diverso sistema di raccolta a valle .

Cordiali saluti
Dott Monfredini roberto

Gifflenga - Appello delle associazioni, comitati e forze politiche: ARPA, Regione e Provincia dicano no al progetto sperimentale

AI MEDIA BIELLESI E AGLI ENTI COINVOLTI

Biella, 09 novembre 2016 Sull’istanza presentata da PREMAR al Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) per realizzare un impianto sperimentale di pirolisi di materie plastiche nelle campagne della Baraggia coltivate a riso (a Gifflenga, nel biellese), saranno determinanti i pareri ambientali di ARPA, Regione e Provincia. Lo stesso MISE, in modo informale, ha ammesso di non essere strutturato per svolgere studi di impatto ambientale (e non ha competenze tecniche in merito). Il provvedimento conclusivo sarà dunque assunto sulla base dei pareri pervenuti, in particolare sui rilievi e valutazioni ambientali condotte da ARPA, dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Biella. I Comitati locali e le associazioni che in Piemonte si sono trovati ad affrontare proposte per impianti per il trattamento termico con pirolisi o la termovalorizzazione di materie plastiche si sono recentemente riuniti a Santhià per confrontarsi e mettere in comune esperienze e competenze. Nel corso dell’incontro hanno deciso di inoltrare il seguente appello affinché ARPA, Regione Piemonte e Provincia di Biella esprimano un parere negativo sull’istanza presentata da PREMAR. In sintesi i motivi con cui invitiamo ARPA, Regione e Provincia a fornire un parere sfavorevole al progetto.
1. La scarsa trasparenza: il Proponente nasconde con il “segreto industriale” il funzionamento dell’impianto, considerato un prototipo. Tale “segreto”, esteso anche ai parametri dimensionali (non si conoscono nemmeno i quantitativi dei materiali in ingresso e in uscita) impedisce di fatto la valutazione del quadro emissivo e degli impatti.
2. Il territorio ha una vocazione agricola orientata alla agricoltura di qualità: l’area in cui l’impianto è proposto rientra nelle aree individuate dal disciplinare per la coltivazione dell’unico riso Dop italiano e numerose sono le aziende che propongono coltivazioni biologiche. Un impianto industriale per il trattamento di plastiche, oltre a determinare un detrimento oggettivo delle condizioni ambientali esistenti, porterà anche ad un detrimento di immagine per chi ha la necessità di illustrare che i propri campi non sono ubicati in aree fortemente antropizzate.
3. Molti analoghi progetti sono già stati bocciati in tutto il Piemonte: molti progetti di pirogassificazione sono stati respinti (o ritirati dai Proponenti) per le gravi carenze nell’analisi degli impatti ambientali. Va segnalato, in particolare, che ARPA ha cassato pochi mesi fa un impianto simile a quello di PREMAR osservando che il syngas ottenuto dal processo di pirolisi delle plastiche deve essere trattato alla stregua di un rifiuto e che le emissioni in atmosfera legate a tale tecnologia sono ambientalmente rilevanti.
4. L’assurdità impiantistica: il progetto prevede di trattare termicamente con la pirolisi materie plastiche riciclabili (categoria PE e PP) al fine di ottenere oli combustibili (da avviare ad altro processo termico): in sostanza bruciare plastica. Ma che senso ha bruciare materiali da cui è tecnicamente possibile, attraverso un processo di riciclaggio, costruire nuovi materiali ed oggetti? Perché mai non perseguire trasformazioni più ecologiche attraverso il riuso e il riciclo?
5. Stop alle combustioni nella Pianura Padana: questa area ad alta concentrazione abitativa ed industriale è tra le più inquinate del globo (secondo i recentissimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è la peggiore di tutta l’Europa occidentale). Le concentrazioni di polveri sottili, in particolare, sono elevatissime. Sempre più urgente è 2 dunque la necessità di ridurre le emissioni, soprattutto di quelle attività che possono essere dislocate.
6. Ricorrere al principio di precauzione in ordine alle problematiche epidemiologiche: il basso biellese è sempre più interessato da attività di trattamento rifiuti. Va ricordato che Gifflenga non dista molto dalla Sacal di Carisio (emissione accertata di diossine per recupero scarti Alluminio); dalla Sasil di Brusnengo (recupero vetro); da impianti di discarica a Masserano e a Cavaglià, dal vicinissimo impianto Greenoil appena autorizzato dalla Provincia, ecc.. Le ricadute sanitarie saranno dimostrate, epidemiologicamente, solo tra 30-40 anni. Oggi è solo possibile valutare predittivamente se in letteratura sono già documentate specifiche ricadute (ad esempio gli effetti delle polveri sottili) o con precauzione laddove non si sono ancora maturate certezze scientifiche. Va segnalato che la trasmissione REPORT ha recentemente condotto una inchiesta giornalistica sui pericoli sanitari correlati agli additivi utilizzati per realizzare alcune plastiche. Alcune di queste sostanze interferiscono col sistema endocrino, altre sono state riconosciute cancerogene. Trasformare la plastica in olio con la pirolisi, e poi bruciare questo olio in un motore endotermico (tutte attività ben inferiori ai 1.200 gradi) è operazione sicura? Dove finiranno gli additivi ritenuti cancerogeni? Nel residuo solido? Nelle emissioni dei motori endotermici alimentati con l'olio combustibile prodotto? Nel syngas che poi viene bruciato nella torcia? Le sottoscritte associazioni e comitati (ed anche i singoli cittadini) auspicano dunque procedure di esame delle istanze per la realizzazione degli impianti di trattamento termici di rifiuti caratterizzate dalla massima trasparenza ed approfondimento tecnico, ambientale e socio-economico. Riteniamo che in tema di ambiente e salute vada perseguito il massimo coinvolgimento del territorio circostante (e non la sola singola amministrazione comunale ove è ubicato l’impianto) e la piena ed attiva informazione dei cittadini. E pertanto ritengono che non si possa sottrarre per ragioni di “segreto industriale” o di “taglia dell’impianto” l’esame dell’istanza presentata da PREMAR dalla procedura più idonea prevista dall’ordinamento europeo, ovvero disponendo l’assoggettamento a VIA fase di VERIFICA e sospendendo l’iter di autorizzazione presso il MISE ex art.li 57 e 57 bis della Legge 35 del 4 aprile 2012.
FIRME 
AIF (AmbientInForma) Andrissi Gianpaolo, consigliere regionale M5S Arch. Belli Laura Luciano, ambientalista Ing. Busto Mirko, deputato M5S CARP Novara Onlus (Coordinamento Ambientalista Rifiuti del Piemonte) Coalizione Sociale Biellese Comitato DNT (Difesa Nostro Territorio) di Carpignano Sesia (Novara) Comitato La Salute Innanzitutto, Mottalciata (BI) Comitato No Piro Borgofranco d’Ivrea (Torino) Cossato Futura ISDE Italia - Associazione Medici per l'Ambiente - Torino e Novara Legambiente Circolo Biellese “Tavo Burat” Medicina Democratica Movimento di Lotta per la Salute Onlus Movimento 5 Stelle Biella Movimento 5 Stelle Piemonte gruppo di Cossato Movimento Valledora Dott. Piana Graziano, delegato dell'Ordine dei Medici di Biella al settore della salute ambientale, e rappresentante dell'associazione Medici per l'Ambiente (ISDE Italia) Rifondazione Comunista Biellese Segreteria Regionale di Rifondazione Comunista Piemonte

Medicina Democratica : Riforma Costituzionale - Un NO salutare, per l’ambiente e per i diritti

Nelle tesi dei sostenitori della “riforma costituzionale” vi è quella che non si toccano i principi costituzionali di base (i primi tre titoli), tra cui quello del diritto alla salute, all’ambiente, alla sicurezza.
Le modifiche del titolo V, ed in particolare l’art. 117 relativo alla distribuzione di competenze e poteri in particolare tra lo Stato e le Regioni contengono però molti “sassolini” che diventeranno frane soprattutto a fronte di maggiori poteri attribuiti all’esecutivo e una riduzione del bilanciamento tra organi politici (Camera/Senato in primis).
Due voci tra tutte in campo ambientale : la esclusività dei poteri statali su “produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia” e sulle “infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto”. Sul tema energetico la dualità di poteri e competenze tra Stato e regioni finora ha ridotto gli effetti di scelte eterodirette, dalla pioggia di centrali termoelettriche a gas nei primi anni 2000, alle numerose proposte di terminali per il gas liquefatto trasportato su navi, alle prospezioni marine per la ricerca di idrocarburi (oggetto anche di referendum). La dialettica Regioni/Stato ha permesso di “ridurre il danno” dovuto alle miriadi di progetti – spesso già assentiti dagli organi centrali (ministeri) – in cui l’unico interesse reale era quello del profitto dei proponenti aprendo varchi estesicondizionando, nei fatti, gli indirizzi energetici del paese. La questione delle “infrastrutture strategiche” rende ancora più evidente questo rischio. Non si tratta “solo” di “grandi opere” come la TAV (e già questo sarebbe sufficiente per far emergere il pericolo di un accentramento delle decisioni già esistente, si pensi alle catastrofiche leggi ad hoc per queste opere a partire da quelle di restrizione delle norme sulla valutazione di impatto ambientale), si tratta di tante “piccole” opere che – all’esigenza del governo del momento – con l’apposizione della etichetta di “strategiche” vengono imposte dall’alto contro la volontà locale ma anche saltando a piè pari ogni valutazione sulla effettiva utilità della singola opera e sulle alternative disponibili. E’ il caso recente della “rete degli inceneritori” in un recente decreto in applicazione dell’art. 35 dello “sbloccaitalia” che ha indicato numeri degli impianti ritenuti necessari e imponendone la costruzione alle regioni. Certo, le regioni interessate scontano ritardi decennali nella attuazione di una gestione dei rifiuti corretta ma l’imposizione di impianti ad elevato impatto e intrinsecamente rigidi (una volta costruiti vanno alimentati per decenni) è in contrasto con le alternative disponibili e che saranno sempre più richieste e indicate nelle norme europee (riduzione, prevenzione, riciclo, recupero, riuso) spostando altresì le responsabilità sui produttori delle merci.
Altro importante snodo è quello della gestione del servizio sanitario pubblico. Anche in questo caso vi sono regioni che hanno compiuto scelte scellerate (privilegiando le strutture private, sprecando risorse, non adeguando i servizi alle esigenze della popolazione soprattutto nel campo della prevenzione), ma la “soluzione” a questo problema appare esclusivamente di tipo economico, di pura ricerca delle “compatibilità” bilancio. In questa direzione la sanità non sarà più una questione di salute ma verrà regolata dal Ministero dell’economia, in seconda battuta, per le scelte “tecniche” dal Ministero della Salute e, quali meri esecutori delle scelte centrali, le regioni. Men che meno la modifica proposta e i rapporti Stato/Regioni che ne consegue potranno riequilibrare le differenze tra le regioni, in particolare del Sud Italia. Per questo non occorre una riforma costituzionale ma una applicazione coerente dei principi della riforma sanitaria del 1978. La programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e socialirimasta in capo agli enti localiappare una pura attività esecutiva residua ove la partecipazione e le richieste della popolazione saranno, anche più di ora, una voce inascoltata. Un percorso esattamente inverso rispetto a quello prefigurato dalla riforma sanitaria del 1978, dalle esigenze del territorio alla pianificazione regionale e nazionale, alla definizione delle necessità economiche per garantire l’accesso universale ai servizi come a garantire una rete locale con la capacità di intervento diretto sui fattori di nocività nei luoghi di lavoro e di vita. Le proposte contenute nella modifica della Costituzione scalzano nel concreto della organizzazione e definizione delle competenze e poteri tra gli enti i principi basilari del diritto alla salute, all’ambiente salubre e alla partecipazione democratica nelle scelte di pianificazione di importanti settori condizionanti la società.
Per questo votare NO è una scelta a favore della salute e dei diritti.
Medicina Democratica Movimento di Lotta per la Salute Onlus

Medicina Democratica Onlus : le modifiche costituzionali e l’italicum sono atti insalubri da respingere al mittente

L’attuale esecutivo ha inaugurato il suo mandato con la parola d’ordine dell’innovazione e delle riforme . La riforma costituzionale ( Legge Boschi) così come la riforma elettorale ( Italicum -legge 52/2015), per quanto dichiarato dagli ideatori, andrebbero nella direzione di rendere più veloce l'azione dei governi con due meccanismi fondamentali : eliminando il bicameralismo ed introducendo un imbuto nella selezione dei rappresentanti politici(della compagine governativa e dell'opposizione). Per queste riforme è stato indetto un referendum (costituzione) ed un altro sarebbe opportuno (Italicum). Riteniamo che la logica che le sostiene sia la stessa ed è una logica che dobbiamo contrastare. Il progetto è modificare le basi della Repubblica democratica non per rendere più efficienti le istituzioni ma per introdurre una sorta di “premierato” del Presidente del Consiglio, una deriva autoritaria, per “normalizzare”la realtà italiana e ridurre gli spazi dell’espressione della volontà popolare e del conflitto sociale. Il primo punto di tale programma è una nuova legge elettorale che stabilisce un premio di maggioranza eccessivo mettendo fuori gioco ogni minoranza non allineata ai raggruppamenti elettorali maggiori e scoraggia- di fatto - la partecipazione di sempre più vaste masse di popolazione alla stessa espressione del voto ( che voto a fare ,se non trovo qualcuno che mi rappresenti veramente? Che voto a fare se il mio voto avrà un valore minore di quello di un sostenitore dei partiti più forti? Oppure se oggi sono minoranza , per divenire maggioranza con questi sbarramenti ,dovrei attendere tanto per ottenere una rappresentanza ed intanto mettere in campo una strategia extraparlamentare di lunga-lunghissima durata ) . Insomma l’Italicum è una riedizione-peggiorata- del Porcellum in una fase storica in cui la gente già in maggioranza è attratta dall’astensione . Evidentemente agli occhi degli ideatori del progetto il fenomeno dell'esclusione di buona parte della popolazione è visto con favore . Per una associazione come Medicina Democratica che, nel nome stesso, ritiene fondamentale la democrazia e la partecipazione ( "Bisogna combattere la mancanza di partecipazione come una malattia...") , questo progetto è un atto lesivo dello stesso diritto alla Salute . Maccacaro ha analizzato in più occasioni il rapporto malattia, estraniazione, isolamento ed assenza di rappresentanza ma anche chi non ha letto i suoi testi capisce che il non potere agire realmente sulla selezione della classe politica significa anche non potere scegliere chi programmerà o gestirà il Sistema Sanitario . Medicina Democratica non solo è contraria alla restrizione di rappresentatività ma promuove in tutte le sedi nuove forme di autoorganizzazione e democrazia diretta nei luoghi ove si gestisce la salute ,in spazi istituzionali e non( ospedali, centri sociali ,aree urbane autogestite)per la riappropriazione del diritto e la sperimentazione di nuovi rapporti tra la sofferenza e l’istituzione sanitaria. Medicina Democratica ,cioè, ritiene che non vi è un eccesso di rappresentanza ma al contrario sia necessario creare nuove forme di espressione democratica . Si capisce anche che l'estraniazione dalla politica non è diffusa alla stessa maniera in tutte le classi sociali ma riguarda in larga misura le classi popolari e la fascia sempre più ampia dell'emarginazione . Anche qui, gli ideatori della riforma non solo non si preoccupano del fenomeno ma in qualche modo lo ritengono un elemento che favorisce il dinamismo politico selezionando un'area sociale di elettori ristretta ma funzionale a logiche di partito. Alla fine ad eleggere un governo ci sarà si e no il 25% dei votanti e avranno ancor meno rappresentanza le espressioni di sofferenza sociale perché non compatibili in questo disegno. Medicina Democratica invece è strategicamente legata proprio alle classi sociali subalterne. Medicina Democratica, in una società con forti differenze di classe, ha sempre scelto di stare con la sofferenza sociale ,proprio perché la Salute non è uguale per tutti(un disoccupato napoletano non avrà in questa situazione storica la solerzia e la qualità dei servizi di qualche benestante che può accedere alle cure esclusive di luminari in cliniche di lusso) e questa è un'ingiustizia che va combattuta . La nostra diversità è una scelta politica ,di schieramento e di prospettiva. Noi la rivendichiamo come rimarchiamo anche per aprire un dibattito vero con altri movimenti ed associazioni che parlano in maniera indefinita di salute, ammalati, ambiente come dimensioni eteree , al di sopra ed al di fuori dei conflitti sociali . Non si tratta di riproporre schemi ideologici per motivi propagandistici ma di dire la verità : il disoccupato napoletano cardiopatico morirà di scompenso cardiaco a 40 anni in attesa di un posto letto in cardiochirurgia e nessuno dirà niente in Tv. Di qualcun altro assistiamo alla cronaca giornaliera in TV per mostrare un intero ospedale mobilitato a garantire la sua pronta guarigione perchè ha più diritto di vivere di uno che non riesce a pagare le bollette. il secondo meccanismo è quello di "neutralizzare" il senato con l'eliminazione del bicameralismo . In realtà si propone un secondo serbatoio di classe politica -non direttamente eletta- che avrà tutto l'interesse ad avere una comoda poltrona a Roma senza avere alcun interesse a disturbare il governo formato dai deputati di maggioranza. Ci dicono che si risparmia ma in realtà la differenza dei costi saà irrisoria creando un baraccone parassitario di cooptati alla briglia della maggioranza del momento anziché mantenere una elemento di controllo e comunque di espressione della volontà degli elettori. E dopo le regole democratiche cadranno le altre regole e i diritti costituzionali se daranno fastidio al premier di turno…. Medicina Democratica quindi considera inaccettabili entrambe le riforme proposte e ancor più il loro “combinato disposto”, un unico progetto antidemocratico, ed invita a votare No al Referendum di Ottobre e a dire No anche alla legge elettorale .
Il direttivo di Medicina Democratica Onlus

18.07.2016 comunicato MD 

Lettera aperta al Sindaco di S. Cesario

Non c'é nessuno oggi che può dire che c'é una relazione causa-effetto sulle attività industriali attuali dell'Ilva e lo stato di salute della popolazione   
          cit. Clini,  Ministro dell’ambiente.





Appare evidente che alcuni parallelismi tra il Comunicato Stampa del Sindaco di S .Cesario  in merito alla serata sul vetro  del 10 ottobre 2016 , diventano automatici  con gli stessi pronunciamenti del fu Ministro Clini .
Da un lato il Sindaco cita il principio di Precauzione , ma non ricorda ,  cosa ha chiaramente affermato il dott. Miserotti quella sera famosa ,( ho a disposizione il materiale se le potesse essere utile ) ovvero non è il cittadino a dover dimostrare che si è ammalato a causa del vetro respirato,  non ci deve essere il vetro nell’aria , e la stessa ARPAe certifica che negli ultimi anni il vetro nell’aria è aumentato, quindi rendendo inutili tutte le prescrizioni.
E  perché, sig Sindaco ,  cita i valori minimi di poche centinaia di particelle di vetro  di via Bonvino, e non scrive delle 24000 particelle da  1 a 10 micron su via  Verdi , e non cita le 8000 particelle su via Berlinguer,  per un totale di circa 200.000 particelle di vetro respirate al giorno? E' sicuro, sig. Sindaco,  che sia solo silice ? Non le è forse venuto qualche dubbio in merito alla presenza di altri composti  od elementi  che diventano volatili ?
Non viene forse il dubbio che essendoci pochi dati in letteratura in merito a silicosi da vetro , dipenda dal fatto che il vetro riutilizzandosi al 100%  non presenta questi rischi , come invece accade da noi , proprio per il fatto che le aziende che recuperano vetro lo fanno al chiuso e il vetro viene portato ai consorzi di recupero per tornare ad essere una bottiglia .
Sarebbe  sufficiente andarsi a rileggere i dati ORSO di ARPAe del 2013 per capire cosa avveniva a Modena e Provincia negli anni passati, in difformità dalle  altre Provincie della Regione. Proprio sul vetro quei dati parlavano di un 51% di materiale trasportato al COREVE , ma anche 29% ( 25000 ton totali della provincia ), in contrapposizione al 99% delle altre Provincie,  quando nessuno ci guardava, ma era raccolta differenziata, con costi elevati per i cittadini.
Lei sig Sindaco da un lato cita il principio di PRECAUZIONE dall'altro lato chiede che sia la PATOLOGIA a dimostrare la correlazione CAUSA –EFFETTO , ( pensiero indecifrabile ) e  solo in quel caso allora , dopo innumerevoli , non si sa quanti, casi di ASMA , BPCO , e patologie varie , sarebbe possibile intervenire drasticamente.
Se facessimo un parallelismo sarebbe come non mettere i post combustori negli inceneritori , non portare a 1100 gradi la temperatura per abbattere la diossina che SI POTREBBE PRODURRE , costerebbe meno lavorare sui 500 gradi ,( se sapesse quanti impianti potenzialmente dannosi non sono partiti per il fatto che la tutela della salute imposta dalla UE con i post combustori ha di fatto reso antieconomica la speculazione energetica ). Poi, solo successivamente,  il cittadino dovrebbe dimostrare con anni di ricerca pagata dai comitati che i tumori generati ( che sono solo il 30% delle patologie ) derivano dalla diossina nel ciclo alimentare, generata dal camino dell’inceneritore. 
Questo è il pensiero GUIDA.
Recentemente ho conosciuto un Sindaco, della nostra età , che  ha appoggiato le scelte di un comitato di cittadini contro un impianto a cogenerazione di grassi , che ha vinto a metà in CDS , che ha fatto ora ricorso al TAR contro la decisione della Provincia di Biella , che si batte per la salute dei cittadini di un paesino, Mottalciata , da lui amministrato , e lo fa insieme anche alla Parrocchia. Pensi che significato bello deve essere quello di fare il Sindaco!! 
Avrebbe  questo Sindaco potuto attenersi alle scelte autorizzative in Provincia , anche se dimezzate per categoria ammessa , ma la sua scelta va oltre l’essere un pubblico dipendente:  è il SINDACO. 

Il potere LOBBISTICO di Bruxelles, per il quale la stessa UE ha redatto dei REPORT molto interessanti  in questi ultimi anni , si basa proprio sul fatto che devi dimostrare la nocività del pesticida, dell’ormone , dell’OGM , del  rifiuto in cogenerazione. Questa metodologia permetterebbe di eliminare l’EFSA , e aprirebbe tutte le porte a qualsiasi trattato , vedi TTIP.
Per concludere quando lei afferma : "..non abbiamo a disposizione correlazioni dimostrabili tra l’esposizione prolungata alle polveri di vetro e determinate patologie. In assenza di queste prove resta il principio di precauzione…"
Direi che somigli molto al : "..Non c'é nessuno oggi che può dire che c'é una relazione causa-effetto sulle attività industriali attuali dell'Ilva e lo stato di salute della popolazione.." dell'allora  Ministro dell’ambiente, Clini.
Tenga presente che ora , 4 anni dopo  , la dimostrazione è avvenuta chiaramente , ma resta una dimostrazione che ha già tanti morti alle spalle ed è amara.
Lo stesso si diceva e si prova tuttora a sussurrare anche per la terra dei FUOCHI. "Non esiste relazione tra i TUMORI infantili e i terreni pieni di veleni delle industrie che dal nord sono scese al sud" ,  fino a quando il clamore mediatico e le dichiarazioni di pentiti  hanno fatto emergere la situazione , ma fino ad allora vi erano solo dei coraggiosi  vigili che sono morti ( di tumore ) camminando e denunciando quei luoghi.
Lo stesso si diceva per i PFAS e PFOA. Ora 400.000 persone sanno di avere le falde inquinate da sostanza cancerogene mai cercate fino ad ora , ma non solo ,quelle terre producono ortaggi , latte,  uova , e tali alimenti vanno nei supermercati di tutta ITALIA .

I cittadini penso andranno a cercare le PROVE ASSENTI come Lei  afferma,  non so se le troveranno,  ma certamente una prova l’hanno già trovata.


Con affetto dott. Monfredini Roberto 
Presidente AIF Ambientinforma

Qui il Comunicato Stampa del Sindaco di San Cesario


Lettera aperta di ISDE al Presidente della Regione Emilia-Romagna: il Piano Regionale Rifiuti da occasione mancata a pilastro dell'economia circolare

Lettera aperta al Presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e all’Assessore Paola Gazzolo

Oggetto: Piano Regionale Gestione Rifiuti

Caro Presidente, Caro Assessore,
il Piano Regionale Gestione Rifiuti è una grande opportunità per armonizzare lo sviluppo economico, la tutela dell’ambiente e della salute.
A nostro parere il piano approvato il 3 maggio 2016 non raggiunge questi obiettivi e riteniamo quindi opportuno fornire spunti per proposte migliorative, che auspichiamo siano approvate nelle sue prossime revisioni.
Gli inceneritori, anche a causa dell’attuale sovra-capacità di trattamento, sono un ostacolo all’economia circolare, obiettivo primario indicato dalla Comunità Europea, poiché la loro economia di scala richiede una quantità fissa di rifiuti residui da smaltire per i prossimi 20-25 anni. Una rigidità operativa che crea problemi di programmazione ed economici e che rischia di rallentare la raccolta differenziata e le filiere industriali del recupero di materia, allontanandoci dal raggiungimento di obiettivi di sostenibilità e discriminando negativamente queste ultime categorie imprenditoriali.
D’altra parte, l’economia circolare è unanimemente riconosciuta come modello di riferimento per superare le crisi economiche, ambientali e sociali del nostro tempo. 
Le principali direttive europee ed il recente “pacchetto per l’economia circolare” (Dicembre 2015) indicano la necessità di una “drastica limitazione dell’incenerimento con o senza recupero di energia entro il 2020” e persino “incoraggiano gli Stati Membri a introdurre disincentivi economici per lo smaltimento in discarica e per l’incenerimento”.
Gli indirizzi europei privilegiano il recupero e riciclo di materia al recupero energetico, poiché quest’ultimo produce emissioni e scorie tossiche da smaltire in discariche speciali con elevati costi economici e ambientale. trovano razionale, oltre che nella necessità di procedere a recuperare materia invece di trasformarla in emissioni e in scorie tossiche da smaltire in discariche speciali con elevati costi economici e ambientali.
Inoltre, vi sono numerose e crescenti evidenze scientifiche sulla nocività delle emissioni. Oltre alla corposa letteratura internazionale, in continua crescita, abbiamo oggi a disposizione anche autorevoli studi nazionali (per citarne solo alcuni: Moniter, ERAS Lazio, studi ARPA sull’inceneritore di Vercelli e Cosmari nelle Marche, un recentissimo studio sull’inceneritore di San Zeno di Arezzo) che confermano che gli impianti di incenerimento (anche di ultima generazione) producono impatti ambientali e sanitari e di conseguenza sono discriminate le comunità costrette a ospitare questi impianti. I sistemi di abbattimento degli inquinanti, infatti, sono inefficaci contro le polveri ultrafini prodotti dalla combustione; i sistemi di trattamento acque producono reflui contaminati che sovraccaricano gli impianti di depurazione cittadini. 
Secondo la normativa nazionale vigente (D.Lgs. 152/2006), l’obiettivo finale della gestione dei rifiuti deve essere quello di favorire la tutela della salute umana e dell’ambiente. Questo obiettivo può raggiungersi solo mediante una completa esclusione dell’incenerimento, oltre che con un progressivo abbandono dei conferimenti in discarica, compresi quelli delle ceneri tossiche derivanti dalla combustione di rifiuti.
In parallelo, seguendo le indicazioni normative, è necessario orientarsi verso il massimo sviluppo possibile di modelli che prevedono la riduzione della produzione dei rifiuti, il recupero di materia in tutte le forme che gli sviluppi tecnologici delle tecnologie “a freddo” oggi consentono e lo sviluppo dell’economia circolare, anche in considerazione delle rilevanti opportunità occupazionali che questo genererebbe.
Nel rispetto delle indicazioni comunitarie, è dunque necessaria ed ineludibile una rapida e progressiva “exit-strategy” dall’incenerimento dei rifiuti entro il prossimo quinquennio, attraverso un percorso che contempli:
  1. analisi e controlli in continuo dei microinquinanti emessi dagli impianti di trattamento rifiuti (includendo diossine e composti “simil-diossine”), analisi delle matrici animali e vegetali nelle aree circostanti gli impianti e procedure di bio-monitoraggio delle comunità a rischio; nell’attesa della completa dismissione degli impianti.
  2. Una pianificazione impiantistica limitata ai soli rifiuti urbani, superando la promiscuità di rifiuti speciali e urbani.
  3. Lo sviluppo di un piano strategico per l’economia circolare che preveda la disincentivazione dell’imprenditoria dell’incenerimento, il coinvolgimento di tipologie imprenditoriali orientate al recupero di materia e la progressiva e completa dismissione degli impianti di incenerimento attualmente operativi, realizzando così un’adeguata transizione economica e sociale verso uno sviluppo imprenditoriale sostenibile.

Questa strategia può costituire un innovativo percorso alternativo alle previsioni dell’art. 35 dello “Sblocca Italia”, qualora estesa a livello nazionale. Realizzando gli impianti previsti dal decreto attuativo dell’art.35 dello “Sblocca-Italia”, gli inceneritori italiani raggiungerebbero la capacità complessiva di oltre 10.5 milioni di tonnellate (considerando l’aumento di portata degli impianti in esercizio fino al carico termico). L’elevato numero di impianti previsti con l’applicazione dell’articolo 35 dello Sblocca-Italia, inoltre, contribuirebbe in maniera significativa all’incremento di emissioni di gas serra, procedendo in direzione contraria agli impegni assunti con la COP 21 di Parigi.
Viceversa, se si raggiungesse l’obiettivo di non superare i 100 kg per abitante per anno di rifiuti indifferenziati, sarebbe temporaneamente sufficiente una capacità di 6 milioni di tonnellate, un valore destinato a ridursi per effetto delle politiche di eco-design dei prodotti che incentivano l’uso di materiali riciclabili e delle altre pratiche di prevenzione. 
Le Regioni che intendessero orientare il proprio piano di gestione dei rifiuti, modificandolo adeguatamente, verso le indicazioni comunitarie e il rispetto dei principi di sostenibilità e salvaguardia ambientale e sanitaria, potrebbe diventare un efficace ed efficiente strumento di sviluppo nazionale e, contemporaneamente, un valido esempio da seguire.
Cordialmente

Patrizia Gentilini 
Alberto Bellini
Agostino Di Ciaula

ISDE Italia

10 ottobre 2016

Allegato

Dalle Province alla Regione
In Emilia-Romagna, il Piano Regionale Gestione Rifiuti e la Legge Regionale 23/2011 hanno ridisegnato l’organizzazione territoriale del servizio rifiuti. In precedenza, si era sostituito il principio della autosufficienza regionale a quello provinciale. Una scelta che ha portato a ingenti investimenti per rendere ogni Provincia indipendente dal punto di vista impiantistico; investimenti decisamente superiori al resto del Paese, vedere Figura 1.
Le pre-vigenti pianificazioni provinciali rappresentavano un punto di equilibrio, stabilito su base provinciale. Il combinato disposto del Piano Regionale Gestione Rifiuti (n. 67, 3 maggio 2016) e dell’articolo 35 dello Sblocca Italia hanno violato e superato questo equilibrio, prefigurando aumenti di portata degli impianti e la loro estensione a rifiuti speciali e a rifiuti provenienti da territori extra-provinciali.
Queste modifiche non sono accettabili, anche e soprattutto perché i cittadini della Regione pagano ogni anno, attraverso le tariffe rifiuti, oltre 50 milioni di euro per ammortamenti e remunerazione del capitale investito dai gestori. Essi sono i proprietari degli impianti (per la quota finanziata attraverso la tariffa o la contribuzione pubblica) ed è necessario che le loro scelte e opinioni vengano rispettate. 
Il passaggio da un bacino provinciale a un bacino regionale deve essere equo, omogeneo e rispettare la sovranità territoriale, riconoscendo a ogni territorio gli investimenti fatti. 
Aspetti sanitari e ambientali
La Regione ha risposto alle legittime richieste delle mamme (e cittadini) forlivesi, riminesi, modenesi, parmigiani, ferraresi, …, citando i dati della qualità dell’aria e in particolare le misure di particolato di dimensioni inferiori a 10 micron (PM10, che comprendono le particelle grossolane fino a 10 millesimi di millimetro, i.e. micron). Le emissioni di particolato da parte degli inceneritori si vanno ad aggiungere alle altre fonti principali (veicoli e condizionamento ambientale) e ne rappresentano una fonte non trascurabile, anche se i filtri utilizzati negli impianti più recenti ne trattengono una quantità considerevole, data la loro taglia più ampia. Inoltre, dallo studio MONITER è emerso che l’87% del particolato emesso dai moderni inceneritori è costituito da PM2.5 (particelle fini di diametro inferiore a 2,5 micron, che sono le più pericolose per la salute) e che le indagini condotte sulle emissioni dell’inceneritore di Bologna hanno dimostrato la presenza di “picchi emissivi”, che “paiono essere legati all’emissione di particelle di dimensioni, con diametro aerodinamico inferiore a 100 nm” cioè 0,1 micron (PM 0,1). La prevalenza di PM fine nelle emissioni di inceneritori di rifiuti e la loro particolare pericolosità - in quanto veicolo di metalli e sostanze citotossiche - è stata di recente confermata in uno studio condotto a Shanghai[1]. Quindi, se da un lato l’evoluzione dei sistemi di filtraggio è in grado di ridurre la massa del particolato totale presente nelle emissioni degli inceneritori, dall’altro non ne riduce la pericolosità, a causa delle dimensioni molto minori delle particelle emesse. In ogni caso, il trattamento e smaltimento dei rifiuti rappresenta una porzione significativa delle emissioni di gas serra (da 5 a 9%), come conferma lo stesso Piano Regionale Gestione Rifiuti (Rapporto Ambientale, figura 2.22).
Uno studio condotto in Svezia[2] ha stimato che una quota variabile dal 17% al 32% del particolato PM 2.5 provenga dagli inceneritori, e una ricerca del 2007, condotta a Parigi[3], ha evidenziato che gli inceneritori sono una delle maggiori fonti di produzione di PM2.5, unitamente a traffico veicolare e riscaldamento. Più in dettaglio gli studi dichiarano che le PM10 si depositano sulle vie aeree superiori dove sono presenti sistemi di difesa (apparato muco/ciliare) e comportano effetti soprattutto di tipo infiammatorio. Viceversa alle PM2.5 sono correlati i maggiori danni alla salute con incremento di eventi avversi a carico del sistema cardiaco e respiratorio, quali ischemie, infarti, ma anche diabete. Si è calcolato che ogni aumento di 10 µg/m3 di PM2.5 comporta - per esposizione a lungo termine – un incremento del 6% del rischio di morte per ogni causa, del 12% per le malattie cardiovascolari e del 14% cancro del polmone[4] [5]Nell’ottobre del 2013 l’OMS, su indicazione della IARC (Agenzia Internazionale per la ricerca sul Cancro, International Agency for Research on Cancer) ha dichiarato il Particolato come agente cancerogeno per l’uomo[6], al pari dell’inquinamento atmosferico complessivo (out air pollution), per cancro al polmone ed alla vescica. Recentemente è stato evidenziato che ogni aumento di 10 µg/m3 di PM2.5 comporta un incremento del 40% nell’incidenza dell’adenocarcinoma polmonare[7]L’attenzione dei ricercatori è tuttavia sempre più rivolta a valutare il rischio rappresentato dal particolato ultrafine, quello cioè con dimensioni inferiori al millesimo di millimetro. Grazie alle loro dimensioni, simili a quelle dei virus, questo tipo di particelle è in grado di superare la parete degli alveoli alveolari, entrare nel circolo sanguigno e quindi, attraverso il sangue, giungere in ogni distretto dell’organismo. Si può stimare che, in un giorno, meno di un alveolo polmonare su mille entrerà in contatto con particelle PM10, mentre un singolo alveolo entrerà in contatto con centinaia e centinaia di particelle ultrafini. I danni che ne conseguono sono rappresentati da stress ossidativi, stato di infiammazione generalizzato, aumentato rischio di allergie e della viscosità del sangue, alterazione delle più delicate funzioni cellulari che giungono a danneggiare direttamente lo stesso genoma[8]. Si stanno inoltre accumulando evidenze che particelle di queste dimensioni possano arrivare direttamente, attraverso il nervo olfattivo, ai lobi frontali e che patologie neurodegenerative in drammatico aumento, quali Parkinson ed Alzheimer, siano causate da questo processo. Ancor più inquietanti sono le evidenze che emergono dalla letteratura scientifica circa l’azione neurotossica esercitata dall’inquinamento dell’aria sul cervello in via di sviluppo con incremento del rischio anche per i disturbi dello spettro autistico, patologie in crescente aumento anche nel nostro paese[9]. Da un recentissimo studio caso-controllo condotto sulla grande coorte delle infermiere americane (116.430 soggetti) è emersa una associazione statisticamente significativa del 42%  fra esposizione ai più elevati livelli di PM2,5 nel terzo trimestre di gravidanza ed autismo[10]. Se pensiamo che la nostra regione è sita nella Pianura Padana, una delle aree più inquinate del Pianeta e che l’ultimo report sulla qualità dell’aria in Europa[11] pone il nostro paese al 1°posto in Europa per morti evitabili (84.400!) per gli elevati livelli PM10, PM2,5 NO2, O3, i motivi di preoccupazione dei cittadini emiliano-romagnoli ci appaiono più che fondati.
Inoltre, negli inceneritori durante la combustione dei rifiuti, hanno luogo reazioni casuali in cui si producono migliaia di nuovi composti chimici chiamati PIC (Prodotti di Combustione Incompleta). Solo un centinaio di questi composti sono stati individuati. Le altre migliaia di sostanze sono sconosciute, e in gran parte sconosciute sono i loro possibili effetti sulla salute. Fra i principali inquinanti emessi, oltre al particolato fine e ultrafine, ricordiamo: anidride carbonica, monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, acido cloridrico, acido fluoridrico, anidride solforosa, metalli pesanti (piombo, cadmio, mercurio), diossine, furani, idrocarburi policiclici, benzene. Si tratta di sostanze tossiche, irritanti, ma anche mutagene e cancerogene che causano patologie neoplastiche e non neoplastiche a carico di numerosi organi. Per quanto riguarda gli ossidi di azoto – di cui purtroppo nella nostra regione si registra una presenza fra le più elevate al mondo come le immagini da satellite hanno ampiamente documentato - si fa presente che gli ossidi di azoto non sono solo correlati a conseguenze irritativo-flogistiche su occhi e apparato respiratorio, ma anche a insorgenza di cancro al polmone, alla mammella ed anche a prostata, vescica, ovaio[12] [13]. Molte di queste sostanze (in particolare diossine, furani, PCB, metalli pesanti), sono persistenti e bioaccumulabili, hanno una bassissima solubilità in acqua e una scarsissima degradabilità chimica e biologica; in virtù di queste caratteristiche entrano quindi nella catena alimentare, accumulandosi soprattutto nel tessuto adiposo degli organismi viventi; sono in grado inoltre di superare la barriera placentare e vengono veicolati anche attraverso il latte materno. Essi inoltre agiscono come “interferenti endocrini” ovvero sono in grado di interferire con le più delicate funzioni ormonali quali quelle che regolano le funzioni metaboliche, riproduttive, immunitarie e cognitive. A questo proposito va ricordata l’indagine per la ricerca di diossine e PCB dl su una sessantina di matrici alimentari condotta nel Comune di Forlì in allevamenti localizzati fra gli inceneritori e l’aeroporto: essa ha mostrato un’ampia e preoccupante diffusione di questi contaminanti con circa solo un terzo dei campioni che rientravano nei limiti di legge[14]. Oltre alle responsabilità dei singoli allevatori, è emerso che la contaminazione prevalente era costituita dai PCBdl (PCB diossine like), agenti che per le loro caratteristiche peculiari provengono con elevata probabilità dagli inceneritori posti nel territorio urbano. L’aumento di rischio di tumori maligni e di patologie non neoplastiche per le popolazioni esposte agli inceneritori è documentato in modo ampio nella letteratura scientifica: linfomi Non-Hodgkin, sarcomi, tumori polmonari, neoplasie in età pediatrica, ma anche di tumori maligni dello stomaco, colon, fegato e mammella nel sesso femminile[15], patologie cardiache, respiratorie e malformazioni[16] [17]. Anche un recentissimo studio effettuato sull’inceneritore di Vercelli che tratta rifiuti urbani e speciali ospedalieri[18] ha documentato incrementi di rischio per la mortalità totale, escluse le cause accidentali, nella popolazione esposta (+20%); anche per tutti i tumori maligni si evidenziano rischi più alti tra gli esposti rispetto ai non esposti (+60%), in particolare per il tumore del colon-retto (+400%) e del polmone (+180%). Altre cause di mortalità in eccesso riscontrate riguardano la depressione (+80%), l'ipertensione (+190%), le malattie ischemiche del cuore (+90%) e le bronco pneumopatie cronico-ostruttive negli uomini (+ 50%). Ricordiamo inoltre che lo studio Moniter, realizzato dalla Regione Emilia-Romagna, ha mostrato un aumento significativo di nati pre-termine nelle aree più vicine agli inceneritori della Regione, nonché un incremento della abortività spontanea del 44% nelle donne più esposte e senza precedenti aborti[19]. Lo stesso studio mostra che a Forlì i nati esposti all’inceneritore (nelle 2 fasce più vicine) sono il numero maggiore in assoluto: 671 su un totale regionale di 2108[20]. A Ravenna, invece, i nati esposti all’inceneritore nelle 2 fasce più vicine sono pari a zero e in totale uno solo. Evidentemente gli impianti di Forlì, Modena e Rimini – a differenza di quello di Ravenna -  sono ubicati in aree densamente popolate in cui sono fra l’altro presenti scuole materne, asili nido, scuole primarie e medie, oratorio. Ci chiediamo perché non sia stato considerato come criterio per la scelta della dismissione degli impianti di incenerimento quello della maggiore o minore presenza di popolazione a rischio nell’area di localizzazione dell’impianto stesso. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, il fatto che si preveda la dismissione dell’inceneritore di Ravenna ed il conferimento dei rifiuti da Ravenna a Forlì ci appare quindi totalmente privo di senso. 
Uno studio realizzato a Forlì[21], e pubblicato su Environmental Health nel 2011, ha mostrato eccessi statisticamente significativi di mortalità per tutti i tumori nelle donne (in particolare cancro allo stomaco), e di incidenza nel cancro del colon retto in maschi e femmine, per l’esposizione ai metalli pesanti emessi dai due inceneritori in un raggio di 3,5 km. Ricordiamo che la precedente analisi della medesima coorte aveva evidenziato che: “Nel complesso si stima che nella popolazione femminile entro 3,5 Km dagli inceneritori di Forlì dal 1990 al 2003 si siano osservati 116 decessi oltre l’atteso di cui 70 per cancro” e che, proprio in virtù di questi inquietanti risultati, la Regione decise di avviare lo studio Moniter. 
Chiediamo a Voi un preciso quadro e analisi di questi aspetti, ignorati completamente nelle risposte e nella discussione pubblica, anche attraverso i sistemi elencati di seguito.
Controlli ambientali
In questo quadro, la verifica e analisi in continuo dei principali componenti tossici diventa un aspetto rilevante dal punto di vista sociale e sanitario.
Comune di Forlì, ARPA, AUSL e Ordine dei Medici, al termine dei lavori del sopra citato tavolo interistituzionale per le diossine, avevano fissato e condiviso alcuni punti per realizzare un adeguato controllo degli impianti di incenerimento. In particolare, si chiede l’attivazione di sistemi di campionamento in continuo delle diossine emesse dagli impianti. Ricordiamo che era stato attivato sperimentalmente un impianto con fiale AMESA presso l’inceneritore di rifiuti urbani di Forlì. Si chiede che un tale sistema, oggi ufficialmente regolamentato dalla normativa UNI, venga utilizzato per tutti gli inceneritori, compresi quelli che trattano rifiuti speciali. Attualmente, i rilievi di diossine avvengono attraverso pochi campioni all’anno, viceversa, questo strumento di controllo può verificare puntualmente situazioni critiche per i residenti, come è avvenuto nell’inceneritore di Montale (PT), dove si sono verificati superamenti dei limiti stabiliti dalla legge per le diossine. 
Chiediamo, infine, che vengano realizzate sistematicamente le analisi delle matrici vegetali e animali nelle aree territoriali adiacenti agli impianti di incenerimento. Ricordiamo che le analisi condotte nel 2011 a Forlì hanno evidenziato diverse criticità, poiché solo un terzo dei campioni rispettava i limiti di legge, e addirittura su 12 galline allevate a terra solo una rientrava nei limiti normativi per le diossine. Un’analisi a livello regionale e con campionamenti almeno annuali, consentirà di verificare la situazione e identificare con maggiore rigore le cause.
Transizione verso l’Economia circolare
Uno Studio di settore della Cassa Depositi e Prestiti sui Rifiuti del 2014 (figura 1) mostra che la quota di investimenti pro-capite in Emilia-Romagna è pari ad almeno il doppio di quella degli altri cittadini italiani



Investimenti che si riflettono sulle tariffe, poiché gli investimenti per il settore rifiuti urbani sono integralmente a carico dei cittadini attraverso le tariffe del servizio rifiuti. Tali ingenti investimenti hanno ridotto la quota di rifiuti smaltiti in discarica dal 50% al 20% (tra il 2003 e oggi). Tuttavia, se non viene cambiato indirizzo strategico, la nostra Regione è destinata a diventare la pattumiera di rifiuti urbani e speciali prodotti dalle altre Regioni, in molte delle quali la disponibilità di impianti è decisamente inferiore alle necessità. Un indirizzo strategico, che rappresenta una precisa scelta occupazionale ed economica. Una scelta errata, poiché il modello “sviluppista” è obsoleto e superato dai fatti. I margini di profitto ottenuti dallo sfruttamento del territorio, in questo caso attraverso discariche e inceneritori, sono inferiori ai costi derivanti dagli impatti ambientali e sanitari, secondo i principali Istituti finanziari internazionali. Un modello circolare avrebbe impatti positivi, anche dal punto di vista economico. “Il settore industriale ha già ravvisato le grandi opportunità legate all’aumento della produttività delle risorse. Si stima che un uso più efficiente delle risorse lungo l’intera catena di valore potrebbe ridurre il fabbisogno di fattori produttivi materiali del 17%-24% entro il 2030, con risparmi per l’industria europea dell’ordine di 630 miliardi di euro l’anno[22].
Gli inceneritori, e l’attuale sovra capacità impiantistica, sono un ostacolo all’economia circolare, poiché richiedono una quantità fissa di rifiuti residui da smaltire per i prossimi 20-25 anni. Una rigidità operativa che crea problemi di programmazione ed economici, e che diventa un grande ostacolo alla realizzazione di una filiera di recupero dei rifiuti.
La transizione verso l’economia circolare si può realizzare fissando obiettivi molto ambiziosi a medio termine, i.e. rifiuti zero nel 2030, e definendo strumenti fiscali per realizzarli. Tra gli obiettivi si deve porre una riduzione degli impianti di smaltimento (discariche e inceneritori), fino al loro annullamento e la riduzione dei materiali non riciclabili immessi a consumo. Tra gli strumenti fiscali, appaiono efficaci: la attivazione di un modello duale di responsabilità estesa al produttore, ovvero lasciare ai produttori l’onere di raccogliere gli imballaggi, un contributo ambientale per gli imballaggi e i materiali di produzione fortemente selettivo e penalizzante per i produttori di materiali non riciclabili. Tali strumenti fiscali dovrebbero essere estesi ai rifiuti speciali, attivando meccanismi simili a quelli adottati dalla LR 16/2015 per i rifiuti urbani, per incentivare attraverso la leva economica, la riorganizzazione dei sistemi di produzione e raccolta scarti delle attività produttive e commerciali. Emblematico è il confronto con i paesi del Nord Europa. In Austria e Germania, il modello duale di raccolta degli imballaggi garantisce percentuali di intercettazione e recupero degli imballaggi molto alti (superiori al 90%), mentre in Italia la quota di imballaggi recuperati è pari al 75%[23]. In Danimarca, dove oltre il 50% dei rifiuti viene avviato a incenerimento, la quota di rifiuti prodotti dalle attività produttive e industriali e commerciali e trattate con incenerimento è residuale, attraverso politiche dedicate, come la simbiosi industriale, che consente di riutilizzare gli scarti di una azienda come materie prime seconde per le altre a essa adiacenti dal punto di vista territoriale. In particolare, su oltre 2.6 milioni di tonnellate avviate a incenerimento ogni anno, solo 165.009 e 380.000 circa sono prodotte dalle attività industriali e commerciali, rispettivamente. Raggiungere questi risultati, oltre a chiari vantaggi ambientali, porterebbe a ridurre i costi di approvvigionamento di materie prime. 
Inoltre, ridurre i rifiuti avviati a smaltimento produce vantaggi in termini energetici, ovvero economici. Infatti, l’energia risparmiata attraverso il riciclo è da due a sei volte superiore di quella recuperate con incenerimento [24]. Il confronto è basato su un’analisi di ciclo di vita (LCA, Life Cycle Assessment) dell’energia utilizzata per immettere a consumo un dato prodotto. L’analisi di ciclo di vita considera i combustibili e l’energia elettrica necessarie per la produzione, il trasporto e la distribuzione; e considera la quantità di energia contenuta nel prodotto stesso. Per alcuni materiali il bilancio energetico dell’incenerimento è negativo: per essi l’energia recuperata è minore di zero, poiché non raggiungono le condizioni di auto-combustione e serve energia per ottenerle. 

[1] Ling ling CaoJianrong ZengKe LiuLiangman Bao, and Yan Li, “Characterization and Cytotoxicity of PM<0.2, PM0.2–2.5 and PM2.5–10 around MSWI in Shanghai, China”, Int J Environ Res Public Health. 2015 May; 12(5): 5076–5089.

[2] Kwame_Aboh Aboh, Dag Henriksson, ”K EDXRF characterisation of elemental contenents in PM 2.5 in a medium-sized Swedish city dominated by a modern waste incineration plant”, X-Ray Spectrometry, 2007 36(2) 104-110 https://www.researchgate.net/researcher/83739515.

[3] Widory D., “Nitrogen isotopes: tracers of origin and processing affecting PM10 in the atmosphere of Paris”, Atmosferic Environment (2007) 42 (11) 2382-2390.

[4] Pope AC, “Lung cancer, cardiopulmonary mortality, and long term exposure to fine air pollution”, Journal of American Medical Association, (2002) 287:1132-1141.

[5] Pope AC, “Cardiovascular mortality and long term exposure to particulate matter air pollution”, Circulation 2004; 109: 71-77.

[6] D. Loomis, Y. Grosse, B. Lauby-Sectretan, F. El Ghinassassi, V. Bouvard, L. Benbrahim-Tallaa, N. Guha, R. Baan, H. Mattock, K. Straif,“The carcinogenicity of outdoor air pollution”,The Lancet oncology, vol. 14, n. 13, pp. 1262-1263, december 2013, Published Online: 24 October 2013.

[7] Hamra GB, Guha N, Cohen A, Laden F, “Outdoor Particulate Matter Exposure and Lung Cancer: A Systematic Review and Meta-Analysis”, Environ Health Perspect. 2014 Sep; 122(9): 906–911.

[8] Li N, Georas S, Alexis N, Fritz P, Xia T, Williams MA, Horner E, Nel A, “A work group report on ultrafine particles (American Academy of Allergy, Asthma & Immunology): Why ambient ultrafine and engineered nanoparticles should receive special attention for possible adverse health outcomes in human subjects”, J Allergy Clin Immunol. 2016 Apr 6. -6749(16)30011-2.

[9] Lucio G. Costa, Toby B. Cole, Jack Coburnet et al “Neurotoxicants are in the air: convergence of human, animal, and in vivo studies on the effects of air pollution on the brain”, BioMed Research International Vol 2014 art. ID 736385.

[10] Raanan Raz, Andrea L. Roberts et al, “Autism Spectrum Disorder and Particulate Matter Air Pollution and after pregnancy: a nested case control Analysis within the nurses’ health study II cohort”, Environ Health Perspect. 2015 Mar; 123(3): 264–270.

[11] European Environment Agency, “Air quality in Europe - 2015 Report”, november 2015.
http://www.eea.europa.eu/publications/air-quality-in-europe-2015

[12] Hamra GB, Laden F, “Lung Cancer and Exposure to Nitrogen Dioxide and Traffic: A Systematic Review and Meta-Analysis”,Environ Health Perspect. 2015 Apr 14.

[13] Al-Ahmadi K, Al-Zahrani, “NO(2) and cancer incidence in Saudi Arabia”, Int J Environ Res Public Health. 2013 Nov 4;10(11):5844-62.

[14] Comune di Forlì, “Relazione finale sui lavori del tavolo interistituzionale in tema di diossine/furani e PCB nelle matrici ambientali ed alimentari del territorio forlivese”,
http://www.comune.forli.fc.it/upload/forli/gestionedocumentale/Relazione%20finale%20tavolo_784_27809.pdf

[15] Gentilini P and Gennaro V, “Inceneritori”, In: AIOM, editor. Ambiente e Tumori. Milano, 2011, pp. 150-159.

[16] Miyake Y, Yura A, Misaki H, Ikeda Y, Usui T, Iki M et al, “Relationship between distance of schools from the nearest municipal waste incineration plant and child health in Japan”, Eur.J.Epidemiol. 2005, 20, pp. 1023-9.

[17] Cordier S, Lehebel A, Amar E, Anzivino-Viricel L, Hours M, Monfort C et al, “Maternal residence near municipal waste incinerators and the risk of urinary tract birth defects”, Occup.Environ.Med. 2010, 67, pp. 493-9.

[18] Salerno C, Marciani P, Barasolo E, Fossale PG, Panella M and Palin LA, “Exploration study on mortality trends in the territory surrounding an incineration plant of urban solid waste in the municipality of Vercelli (Piedmont, Italy)”, 1988-2009. Annali di igiene: medicina preventiva e di comunità, 2015, 27, pp. 633-45.

[19] Candela S, Bonvicini L, Ranzi A, Baldacchini F, Broccoli S, Cordioli M et al, “Exposure to emissions from municipal solid waste incinerators and miscarriages: a multisite study of the MONITER Project”, Environment international 2015;78:51-60.

[20] Quaderni di Moniter, “Gli effetti degli inceneritori sulla salute. Studi epidemiologici sulla popolazione in Emilia-Romagna”, 2012.

[21] Ranzi A, Fano V, Erspamer L, Lauriola P, Perucci CA and Forastiere F, “Mortality and morbidity among people living close to incinerators: a cohort study based on dispersion modeling for exposure assessment”, Environ.Health 2011, 10, pp. 22.

[22] Commissione delle Comunità Europea, “Verso un'economia circolare: programma per un'Europa a zero rifiuti”, 2 luglio 2014, COM(2014)398
http://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2014/IT/1-2014-398-IT-F1-1.Pdf

[23] European Commission – DG Environment 2014, “Development of Guidance on Extended Producer Responsibility (EPR)”.
http://ec.europa.eu/environment/waste/pdf/target_review/Guidance%20on%20EPR%20-%20Final%20Report.pdf

[24] U.S. Environmental Protection Agency Office of Resource Conservation and Recovery, “Documentation for Greenhouse Gas Emission and Energy Factors Used in the Waste Reduction Model (WARM)”, March 2015 https://www3.epa.gov/warm/pdfs/WARM_Documentation.pdf