“Un Paese che distrugge la sua scuola non lo fa mai solo per soldi, perché le risorse mancano, o i costi sono eccessivi. Un Paese che demolisce l’istruzione è già governato da quelli che dalla diffusione del sapere hanno solo da perdere.” Italo Calvino

ISDE - Richiesta di incontro al Ministro sanita' Lorenzin


Questa Associazione Medici per l’Ambiente - ISDE Italia ha inoltrato al Presidente della Repubblica una “lettera aperta”, illustrando quelli che ritiene i maggiori e più frequenti rischi per la salute collettiva cui è esposta in particolari situazioni la popolazione italiana.
Il Presidente della Repubblica, ricevuta la lettera, ha cortesemente e sollecitamente risposto comunicando di averne disposto la trasmissione al Ministero della Salute “per approfondita valutazione e diretto riscontro”.
Ritenuto comunque di allegare alla presente copia di detta lettera, cui ha aderito FNOMCeO, si richiede incontro con la S.V. al fine di illustrarne il contenuto relativamente alle particolari condizioni che questa Associazione ritiene pregiudizievoli per la salute dei cittadini e per formulare proposte, nello spirito di collaborazione con le istituzioni che da sempre ha informato le azioni di ISDE.
Si premette che ISDE Italia, come previsto dai propri obiettivi statutari, da oltre un ventennio ha messo il massimo impegno nella promozione della Prevenzione, azione mirata a eradicare e/o ridurre i determinati di malattia e disabilità tramite il contrasto alle condizioni comportamentali e ambientali, economiche, sociali e culturali che comportano rischi per la salute.
Un obiettivo tra gli altri sancito dalla legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (Legge n. 833/1978) agli artt. 2 (Obiettivi) e 20 (Attività di prevenzione).
Riteniamo che la strategia della Prevenzione abbia avuto efficace impulso culturale e professionale dal recente Piano Nazionale Prevenzione 2014-2018, che dovrà trovare adeguato riscontro sul piano politico, amministrativo, organizzativo e operativo.
Purtroppo va rilevato che dopo gli slanci della Legge 833/1978 e del D.Lgs. n. 502/1992 (che ha istituito i Dipartimenti di Prevenzione delle ASL), la Prevenzione è “rimasta al palo”.
I Piani Nazionali di Prevenzione che si sono succeduti nel tempo non hanno compiutamente colto la necessità di dare concretezza a una strategia che l’OMS non manca mai di richiamare e sostenere con forza. Sono prova di tale carenza le numerose criticità sanitarie richiamate nella nostra lettera al Presidente della Repubblica, il superamento delle quali richiede prioritariamente l’impegno di una Prevenzione in tutte le politiche, ma anche quello tecnico-organizzativo delle Regioni e degli Organi di governo locale per abbattere i fattori di rischio per la salute umana nelle diverse realtà territoriali.
Il Piano Nazionale Prevenzione 2014-2018 apre nuove prospettive per la governabilità del Piano stesso, tramite il “supporto centrale” e le “linee regionali organizzative e operative”, perseguendo il modello della “stewardship” secondo il quale il Ministero svolge un ruolo di indirizzo, coordinamento e di interlocutore con le Regioni, rinunciando “a imposizioni normative dell’alto, con maggiore ricorso alla capacità di persuasione e creazione di collaborazioni attive con la periferia”.
Resta purtroppo indefinito il ruolo degli organi di governo locale, in particolare di Comuni, Unioni di Comuni e Città Metropolitane, i compiti dei quali, come attribuiti dal D.Lgs. n. 502/1992 (art. 3, comma 14), li escludono dalla gestione della salute delle comunità: un ruolo che sarebbe fondamentale per istituzioni che, avendo un rapporto diretto con i cittadini, si troverebbero nella situazione più favorevole per promuovere la partecipazione della comunità alla tutela della salute e quindi alla Prevenzione.
Resta irrisolto anche il problema del coordinamento e integrazione tra funzioni sanitarie di prevenzione di competenza dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL e funzioni di controllo ambientale svolte dalle Agenzie per la Protezione dell’Ambiente (ARPA).
Il Piano Nazionale Prevenzione 2014-2018 ha rilevato tale carenza, che sta ostacolando l’applicazione delle indicazioni europee per la Valutazione di Impatto Sanitario (VIS).
Il Macrobiettivo “Ridurre le esposizioni ambientali potenzialmente dannose per la Salute” del PNP 2014-2018 recita: “Non c’è adeguata chiarezza sulle relative procedure applicative, con la conseguenza che spesso la valutazione della componente salute è disattesa o trattata in modo insufficiente ai fini decisionali” per il contrasto ai fattori di rischio ambientale.
“E’ quindi forte l’esigenza - continua il PNP - di riqualificare le valutazioni preventive, a supporto delle Amministrazioni, effettuate dagli operatori della sanità pubblica e di fornire indicazioni per sviluppare adeguatamente la componente salute nell’ambito delle procedure di VAS e di VIA”.
Le evidenze scientifiche oggi disponibili hanno chiaramente individuato il rapporto causa/effetto che correla fattori ambientali di rischio con gli impatti sulla salute umana.
L’OMS, richiamando i propri precedenti studi con i quali è stato esaminato il carico complessivo di malattia attribuito a livello globale e regionale e quantificando l’ammontare delle morti e delle malattie causate dai principali rischi di origine ambientale, ha pubblicato nel 2006 un rapporto da cui risulta che circa un quarto del carico globale di malattia e più di un terzo di quello infantile sono dovuti a fattori ambientali modificabili.
In percentuali, tale rapporto ha stimato che il 24% del carico globale di malattia e il 23% di tutte le morti possano essere attribuiti a fattori ambientali (WHO 2006. Preventing disease through healty environments.  Toward an estimate of the environmental burden of disease).
L’Associazione Medici per l’Ambiente –ISDE Italia ha sempre sostenuto, confortata dalla letteratura prodotta dalle comunità scientifiche, la priorità della prevenzione primaria soprattutto delle malattie cronicodegenerative, senza ovviamente trascurare la prevenzione secondaria per la diagnosi precoce tramite gli screening di massa.
La Prevenzione primaria è stata definita dall’OMS: “Strategia progettata per ridurre i fattori di rischio per specifiche malattie o per accrescere i fattori dell’ospite che possono ridurre la sua suscettibilità alle malattie”. (WHO. Glossary of terms used in the “Health for All”. Geneva 1984).
Tale strategia:
- ha quale target la comunità o gruppi di cittadini a rischio che si propone di mantenere in salute; i suoi effetti interessano:
a) i singoli, se svolta con la informazione, la comunicazione e l’educazione alla salute ai cittadini per
l’adozione di stili di vita salutari;
b) i singoli e la comunità quando operata con le vaccinazioni:
c) la comunità quando si svolge con azioni per l’abbattimento o il contrasto a fattori di pericolo e di rischio, come per esempio quelli di origine ambientale, che sfuggono al controllo dei singoli.
- presenta i seguenti vantaggi rispetto alle terapie:
a) elimina o riduce i costi delle cure delle malattie cronico-degenerative a lunga latenza clinica, di lunga durata, quindi estremamente onerose, non sempre curabili e guaribili;
b) produce effetti positivi in tempi non brevi, ma di maggior durata rispetto a quelli prodotti dalle terapie
c) i suoi effetti positivi, soprattutto abbattendo i fattori di rischio con la protezione e il miglioramento
dell’ambiente, sono più equi rispetto a quelli prodotti dalle terapie in quanto si distribuiscono tra ampi gruppi o nell’ambito di intere popolazioni.
- richiede azioni non solo di tipo sanitario, ma anche e soprattutto sociale, economico, culturale e ambientale.
Conclusioni propositive.
Per una prevenzione primaria delle malattie estesa e permanente si ritiene necessario che:
1. la prevenzione primaria rientri in tutte le politiche per la salute e per la formazione culturale e
professionale degli operatori sanitari;
2. l’attuazione del Piano Nazionale Prevenzione 2014-2018 tenga conto delle attuali criticità,
coordinandosi con tutti gli altri processi di pianificazione che direttamente o indirettamente incidono
sulla salute;
3. siano trasferite o delegate dalle Regioni funzioni amministrative in materia di gestione della salute agli organi di governo locale, a cominciare dalle Città Metropolitane alle quali risultano attribuite la
competenza già delle Province in materia ambientale (Legge n. 56/2014), dalla quale derivano molti
degli attuali rischi per la salute collettiva;
4. si realizzi il coordinamento e l’integrazione tra le funzioni sanitarie dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL e le funzioni delle Agenzie per la protezione dell’ambiente, iniziando dalla regolamentazione della Valutazione di Impatto Sanitario (VIS);
5. siano tra loro coordinate le norme legislative in materia di salute e ambiente.
In attesa di cortese riscontro e di ricevere la disponibilità della S.V. all’incontro richiesto da questa
Associazione Medici per l’Ambiente - ISDE Italia, auspicato dal Presidente della Repubblica, si porgono
distinti saluti.
Roberto Romizi
Medico di Medicina Generale Arezzo e Presidente ISDE Italia





Marea nera in Tunisia, viene da una piattaforma offshore. Nessuno ne parla

Colpite le isole Kerkennah, a 120 km a sud di Lampedusa

[22 marzo 2016]

di
Umberto Mazzantini

Il 14 marzo una marea nera si è riversata sulle coste delle isole Kerkennah, in Tunisia, ma nonostante sia numerose pagine Facebook (come Kerkennah Islands) sia qualche giornale on-line abbiano pubblicato le foto del disastro (che in parte ri-pubblichiamo) la grande stampa tunisina ha praticamente ignorato l’evento, e altrettanto ha fatto quella italiana.

Eppure l’arcipelago delle Kerkenah è a soli 120 km a sud di Lampedusa, ed è noto a molti italiani sia per le sue magnifiche spiagge sia per la sua economia basata in gran parte ancora sulla pesca. Mentre scriviamo, come dice su Kerkennah Islands un cittadino tunisino, è stato fatto molto poco per «un problema ecologico molto grave che bisogna risolvere il più rapidamente possiibile».

Umberto Segnini di IsolaMondo, che conosce molto bene le Kerkennah, spiega che «lo sversamento viene da una piattaforma a 7 km dalla costa. Gli organi di informazione ufficiale e le compagnie petrolifere minimizzano, ma il problema è serio e la gente dell’isola è arrabbiata e preoccupata». Sotto accusa è soprattutto la Petrofac, una compagnia britannica specializzata nella fornitura di servizi all’industria petrolifera, ma Segnini evidenzia che «la pesca è l’attività principale dell’arcipelago, da quando hanno iniziato a trivellare nel Golfo di Gabes sono iniziati i problemi perché l’inquinamento collegato alle attività estrattive ha fatto diminuire drasticamente il numero delle spugne e anche il pescato ha subito un calo. I kerkenni sono isolani pacifici e accoglienti e tengono tantissimo al loro mare e alla qualità dell’ambiente; già in passato sono state fatte battaglie contro le compagnie petrolifere e si sono opposti con successo alla costruzione di un aeroporto che avrebbe cambiato il loro stile di vita, senza farsi convincere da promesse di lavoro e ricchezza»

Su Kerkennah Islands, Alain Langar scrive sconsolato: «Non so da che parte devo cominciare. Da anni ho sollevato questi problemi. Una completa ignoranza e un’incompetenza dei responsabili nazionali e regionali: silenzi radio. Sfortunatamente i Paesi in via di sviluppo adorano le catastrofi! So bene di cosa parlo perché sono del mestiere e peso le mie parole. Non pensano che al profitto finanziario, ecco i risultati. Nessuna lezione dal passato, prima c’era stata la Npk a Sfax e oggi Bp! Non vi resta che bussare alle porte delle assicurazioni, ancora! Le industrie dei giacimenti petroliferi hanno delle norme, dei codici  e un minimo rispetto della natura. La sola e unica responsabile di questa catastrofe della marea nera è il responsabile della municipalità: perché ha dato l’autorizzazione all’esplorazione di questo giacimento sotto il treno dittatoriale del vecchio regime! Ora, deve rendere conto agli sfortunati Kerkéniens. Come si dice, il denaro fa marcire le persone. Nessun rispetto per la persona umana e per il suo ambiente. La natura non vi perdona. Sono molto triste per la negligenza dei responsabili che ci ha fatto arrivare a questa orribile catastrofe. Le nostre isole non meritano questo destino maledetto».

FONTE

Da Rifiuti a Risorsa - Cambiare si puo'

Dalla serata di venerdì sera, organizzata da Aif Ambientinforma sul tema dei rifiuti è emerso con forza un quadro preciso delle criticità nella gestione del servizio nei nostri comuni e chiari esempi dei nuovi modelli improntati verso la strategia “rifiuti zero” e il conseguimento dei parametri imposti dall’Europa entro il 2020.
Maria Chiara Rodeghiero, presidente dell'Associazione Italiana Esposti Amianto e membro di Medicina Democratica, assieme all’avv. Bortolotto che segue il caso della Valdastico, hanno confermato che molti problemi sono legati agli illeciti in materia di smaltimento dei rifiuti industriali. I rifiuti tossici delle acciaierie della zona venivano scaricati nottetempo sul fondo scavato per l’autostrada A 31, e solo la collaborazione tra cittadini che hanno fatto segnalazione, Associazioni e autorità ha permesso di fare luce su uno scandalo che altrimenti sarebbe rimasto irrisolto.
In Italia –  afferma l’On. Zolezzi, membro della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite dei rifiuti – siamo appena al 25% della strada da percorrere verso l’obiettivo del ciclo completo dei rifiuti e l’Emilia Romagna è tra gli ultimi posti. Gestire i rifiuti in autonomia porterebbe 195mila posti di lavoro, 2.000 posti in più per la provincia di Modena. Si tratta – continua Zolezzi – di togliere gli appalti a società come Hera, indebitate per miliardi di euro, e di gestire i rifiuti in proprio, con impianti di compostaggio comunali e la vendita diretta dei materiali differenziati, scavalcando anche i consorzi che ne bruciano la metà. Zolezzi ha poi dimostrato con i dati Isprambiente, che nei Comuni lombardi gestiti in proprio il costo annuo del servizio si attesta sui 79 € procapite, contro i 189 € dei Comuni gestiti da TEA. La maglia nera va ai Comuni gestiti da Hera Spa, con 218 € di costo annuo procapite, il più alto a livello nazionale. Ed è ancora l’Emilia Romagna assieme alla Toscana a detenere un altro record negativo, quello della maggior produzione dei rifiuti; non è un caso che nelle due regioni ci siano rispettivamente 8 e 5 inceneritori.
Dopo l’intervento dell’Ing. Francesco Girardi, ideatore del progetto Capannori e Tivoli, non ci sono più scuse. Le soluzioni ci sono, basta copiare i numerosi esempi dei Comuni virtuosi. I nostri amministratori non possono continuare a demandare il servizio rifiuti, da cui dipende gran parte della qualità dell’ambiente, ad una gestione privata e monopolistica. I contratti con Hera, per quanto rinnovati, e i piani finanziari addebitati ai Comuni dietro la schermatura di Atersir, non potranno rappresentano una svolta nella gestione dei rifiuti e difficilmente si raggiungeranno i livelli di efficienza ed economicità già raggiunti altrove da anni.
Il presidente 
Dott Roberto Monfredini

DA RIFIUTI A RISORSA, CAMBIARE SI PUO’.

Comunicato stampa 

Venerdì 18 marzo, alle ore 20,30, presso la Sala Consiliare del Comune di Vignola, in Via Bellucci 1, AIF Ambientinforma affronterà il tema dei rifiuti con esperti del settore e rappresentanti delle istituzioni.
In vista dei nuovi contratti con Hera, degli obiettivi che l’Europa ci impone entro il 2020, della pessima qualità dell’aria, cercheremo di analizzare una problematica di difficile soluzione senza costruire steccati o dogmi, ma semplicemente riportando esperienze nuove, con persone qualificate nel settore che hanno avuto la capacità di creare modelli che possono essere esportati, dimostrando che l’incenerimento non è la soluzione dei problemi ed è possibile andare oltre.
La presenza del sindaco di Vignola, Mauro Smeraldi, dell’assessore all’ambiente e Sindaco di Savignano, Germano Caroli, autore del progetto Dea Minerva, dell’Ing. Francesco Girardi, ideatore del progetto Capannori e Tivoli, e dell’On. Alberto Zolezzi, membro della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite dei rifiuti, ci permetterà di osservare la situazione dei rifiuti in Regione e in Unione Terre di Castelli, con un’ottica di estrema precisione.
Molte aziende hanno guardato negli ultimi anni al settore rifiuti, che comprende non solo i rifiuti domestici, ma tutti gli scarti della lavorazione industriale destinati allo smaltimento anziché al recupero, attratte da un’incentivazione energetica elevatissima per pratiche dirottate in massa verso il profitto a scapito della salute pubblica.
Per invertire la rotta abbiamo bisogno della partecipazione dei cittadini e delle istituzioni: gli amministratori devono farsi carico delle strategie da adottare nei loro comuni nel rispetto della salute dei cittadini, consapevoli del fatto che il rifiuto non è un costo, ma una risorsa.

Il presidente di AIF Ambientinforma 
Dott. Roberto Monfredini

Waste Land o la Terra Perduta

mercoledì 2 marzo 2016

Waste Land o la Terra Perduta

No, non è l'ode di Thomas Eliot, ma la Pianura Padana che rischia di diventare terra desolata.

In tante città del Nord siamo ormai ben oltre la soglia dei 35 sforamenti annui oltre i 50 microgrammi per metro cubo di polveri PM10, che è il limite massimo consentito.

In realtà si tratta di PM 2,5, il particolato fine che veicola benzopirene e diossine, sostanza ancora più pericolosa.

I blocchi del traffico in centro servono solo a battere un colpo, a dire che le istituzioni sono consapevoli della situazione.

In realtà sono colpevolmente responsabili.

La cappa di piombo che ci sovrasta è carica di innumerevoli fattori di inquinamento.

 

 

Quello industriale, degli inceneritori di rifiuti, della combustione di biomasse, del traffico veicolare,

della green economy e dei cogeneratori (500 centrali a biogas solo in Lombardia), del riscaldamento domestico (soprattutto da stufe a legna, a pellet e caminetti) ed infine l'inquinamento originato dalla dagli allevamenti zootecnici.

L'ammoniaca che si sprigiona dalle deiezioni animali e dai digestati sparsi sul terreno, si combina con l'azoto e lo zolfo presenti nell'aria originando particolato secondario, piccole particelle di nitrato e solfato d'ammonio. L'azoto ammoniacale, insieme al riscaldamento da legna ed al traffico veicolare, è quindi uno dei principali inquinanti dell'aria.

Ma lo è anche per i suoli e le falde acquifere.

L'eccesso di spandimenti di letame e digestati da biogas nei terreni agrari finisce per dare concentrazioni tali di ammoniaca da infertilizzare i suoli.

Tale eccesso scende poi verso la falda acquifera inquinandola attraverso la lisciviazione dei nitrati.

E' proprio la stessa green economy a riempire il vaso di Pandora degli inquinanti.

Green che diventa quasi una sottile, mortale presa in giro.

I PAES (piani attivazione energie sostenibili) sono pieni di cervellotiche applicazioni dell'energia verde, ma sono poi le lobby finanziarie a cavalcarne la concretizzazione.

Sono i cogeneratori che bruciano il biogas delle mille e più centrali, spuntate come funghi velenosi in questa nostra desolata campagna, in quelle terre alte abbandonate ai camini.

Alimentate con mais e triticale, sottraggono terreni agricoli alle coltivazioni alimentari, impestandoli con ancor più diserbanti e pesticidi.

E' la lobby dei combustori a propinarci la favola triste che bruciare è bello. A raccontarci che centrali a cippato e stufe a pellet si servono della migliore tecnologia esistente, senza aggiungere che hanno emissioni di polveri almeno 300 volte maggiori del metano e del GPL.

Mentono, approfittandosi della crisi e spingendo il governo a concedere loro incentivi.

Cosa fare allora?

Eliminare gli incentivi alla lobby dei combustori.

Limitare il taglio selvaggio della legna in montagna, demandando le quote di taglio ai consorzi di proprietari in modo che i soldi restino in montagna.

Imporre alle istituzioni di togliere gli incentivi a chi alimenta le centrali con coltivazioni dedicate.

Incentivare solo impianti alimentati da reflui zootecnici e di taglia proporzionata alle dimensioni dell'allevamento, senza alcun bruciatore o cogeneratore.

Favorire, con lo strippaggio dell'ammoniaca e la sua neutralizzazione in solfato d'ammonio, la produzione di biometano da mettere in rete o da autotrazione.

Ne guadagnerebbero in qualità e pubblicità tutte le eccellenze alimentari della Pianura Padana.

Cosa pensano di fare i consorzi delle nostre eccellenze alimentari della pedemontana?

Far finta di niente e tacere ancora?

A furia si stare tutti zitti, perderanno l'uso della parola.

E sarà troppo tardi quando ne avranno coscienza.

 

Giuliano Serioli

2 marzo 2016

 

Rete Ambiente Parma

 

per la salvaguardia del territorio parmense